APP IO: in arrivo Patente, Tessera Sanitaria ed Elettorale


Oggi parliamo dei prossimi aggiornamenti relativi all’app IO, nata ad aprile 2020 e che tutti abbiamo imparato a conoscere soprattutto con il Green Pass per il COVID, il Cashback, il Bonus Vacanze e la Lotteria degli Scontrini.

Questa applicazione ha avuto progressivamente un grande successo: ad oggi è stata scaricata 33,7 milioni di volte, contribuendo così anche all’uso dello SPID, necessario per accedervi.
L’app di Stato integra al suo interno numerosi servizi digitali della pubblica amministrazione.
Tra le tante funzionalità presenti c’è, per esempio, la possibilità di effettuare i pagamenti PagoPA, o ricevere avvisi per le scadenze di pagamento (come il Bollo auto), pagare le mense scolastiche o tributi come la TARI, le bollette e altre imposte.

Il Governo vuole ulteriormente puntare su questa app e intende potenziarla, rendendola anche un raccoglitore di documenti.
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione, Alessio Butti, ha infatti spiegato che Patente, Tessera Elettorale (voting pass) e Tessera Sanitaria stanno per essere inseriti nella App IO in formato elettronico.
Saranno documenti digitali con pieno valore legale, utilizzabili a tutti gli effetti come alternativa a quelli su supporto fisico, i quali non dovranno più essere per forza portati con sé e non sarà più necessario esibirli in forma cartacea.



I TEMPI

Non sono ancora sicure le tempistiche di questi aggiornamenti, ma sembra che questi potranno essere disponibili entro la fine del 2023.
Se così sarà, allora l’Italia diventerebbe uno dei Paesi più virtuosi d’Europa, anticipando quanto l’UE progetta di fare nel prossimo futuro, con il “Portafoglio Elettronico Europeo”, uno strumento che garantirà ai cittadini europei un’identità elettronica per accedere ai servizi Online di ogni Stato membro e richiedere e conservare documenti dematerializzati e certificati, in modo sicuro e transfrontaliero (come titoli di studio, licenze di guida, iscrizioni a ordini professionali, ecc), consultabili tramite cellulari o altri dispositivi.



ALTRE NOVITA’

Una ulteriore novità per l’app IO sarà la creazione della Piattaforma Notifiche, che digitalizzerà ogni comunicazione con valore legale che le P.A. inviano a imprese e cittadini (ad es. le multe).
Ad ogni modo sarà ancora possibile ricevere raccomandate cartacee per chi lo preferisse.
Riguardo la Scuola, verrà esteso il servizio di pagamento delle rette scolastiche tramite l’app di Stato, potenziando l’interazione tra scuola e famiglie e velocizzando le attività amministrative scolastiche.
Anche il lavoro sul Fascicolo Sanitario Elettronico prosegue: entro fine 2026 dovranno averlo adottato tutte le regioni.



LA QUESTIONE “IDENTITA’ DIGITALI

Collegata all’app IO c’è però anche la questione relativa ai metodi di accesso ai servizi telematici delle P.A.
Al momento in Italia esistono 3 sistemi di identità digitali: SPID (sistema Pubblico di Identità Digitale), CNS (Carta Nazionale dei Servizi) e CIE (Carta d’Identità Elettronica).
L’obiettivo dell’attuale governo è arrivare ad una razionalizzazione, con un sistema unico incentrato sulla CIE (che proteggerebbe maggiormente i dati rispetto a SPID e CNS), perché questa triplice gestione è poco sensata e comporta costi elevati.
Si punta quindi ad una semplificazione delle procedure di accesso ai servizi pubblici, dando ai cittadini una sola credenziale ufficiale.
Certo occorrerà diffondere sempre più la CIE, un documento di riconoscimento elettronico in formato tessera che sostituisce la carta di identità in formato cartaceo, con validità internazionale, il cui rilascio da parte dei Comuni necessita però di mesi di attesa.
Se la cancellazione dello SPID, che è usato da moltissimi italiani, dovesse realizzarsi, servirà riuscire a fornire le CIE in modo rapido a chi ne è sprovvisto, per non lasciare i cittadini privi di credenziali per l’accesso alle piattaforme della P.A. 


Concludendo, è chiaro che il programma di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione italiana stia proseguendo.
Con la dematerializzazione di documenti essenziali, con l’app IO sempre più utile e comoda e con gli altri progetti che abbiamo visto, è certo che ci saranno cambiamenti positivi nella vita quotidiana di tutti gli italiani.


WORLD PASSWORD DAY 2023: l’importanza di proteggere le nostre password


COS’E’ IL WORLD PASSWORD DAY

Se proteggi i tuoi dati proteggi stesso” è il monito del Garante Privacy in occasione del 4 maggio 2023, il 10° World Password Day (la Giornata internazionale delle Password) che si celebra il primo giovedì di maggio di ogni anno.  
Creata da Intel nel 2013, è l’occasione per ribadire l’importanza della sicurezza dei propri dati online e ricordare quanto sia fondamentale usare accortezza nella scelta delle nostre chiavi d’accesso.
La richiesta di una PW per l’accesso ad un sistema è un’idea di circa 60 anni e che con il tempo è stata implementata e migliorata.



I PERICOLI DELLE PASSWORD SEMPLICI

Pur non esistendo PW sicure al 100%, più sono complesse meno sono facili da indovinare.
Alcuni consigli:

1) Lunghezza di almeno 8 caratteri, meglio se 12
2) Includere numeri, lettere maiuscole, simboli (punti interrogativi/esclamativi, trattini…)
3) Non usare nomi propri, di animali, parole inerenti ai nostri interessi
4) Non condividere PW con altre persone
5) Usare una diversa PW per ogni sito
6) Non usare lettere e numeri in sequenza, come a-b-c-d… o 1-2-3-4-5
7) Non salvarle su fogli cartacei o pagine di computer: meglio impararle a memoria (o utilizzare un PW Manager)
8) Non inserire l’anno corrente (es: 2023)
9) Scegliere PW uniche e non usare parole di uso comune
10) Usare termini non di senso compiuto, non presenti nel dizionario (gli hacker lo sfruttano per i loro tentativi)
11) Cambiare le PW ogni 3-4 mesi
12) Non usare PW già usate o simili (es: cambiando il numero finale).

Esistono siti internet che permettono di testare la robustezza di una PW e verificano quanto tempo impiegherebbe un hacker a violarla.



I PASSWORD MANAGER

A livello mondiale la password più usata è proprio “password”, mentre in Italia è la stringa “123456”. Gettonatissimo è anche l’uso del nome di figli o animali domestici, date speciali, il calciatore preferito, insomma parole legate ai nostri interessi, che sono informazioni facilmente individuabili sui social o aggirabili.
Che è come lasciare le chiavi di casa attaccate alla porta: prima o poi qualcuno le utilizzerà.
Infatti l’81% delle violazioni degli account sono causate da password deboli.

Il cracking di una password semplice di 8 caratteri è quasi istantaneo. Aggiungendo una lettera maiuscola, il tempo per decifrarla sale a 22 minuti. Inserendo un carattere speciale si raggiungono i 60 minuti.

Ci sono altre pecche oltre quella della semplicità delle PW: molti usano la stessa PW per l’accesso a tutti i propri servizi online (acquisti, social etc) e la mantengono per anni. Siamo tutti portati a credere che i nostri account online non siano oggetto dell’interesse degli hacker, ma i dati rappresentano la valuta del mondo moderno.
Se qualcuno riuscisse a violare i nostri account, si potrebbe incorrere in vari problemi, come il furto d’identità (qualcuno finge di essere noi per ingannare gli altri), lo spionaggio dei documenti presenti nella nostra posta elettronica, o addirittura il furto di denaro dalla nostra banca online.



CONSIGLI PER PASSWORD SICURE

Se fino a qualche anno fa ogni utente internet aveva 1 o 2 password, oggi, in media, deve gestirne circa 70-80, vista la moltiplicazione dei profili sul web. Questo fa sì che ogni anno si dedichino dalle 7 alle 12 ore a ricordare le password o a reimpostare quelle dimenticate.
La gestione delle chiavi di accesso genera spesso ansia e stress.
Per ovviare a questo problema nascono i Password Manager: software installabili sui propri dispositivi oppure servizi online (gratuiti o a pagamento), in grado di memorizzare centinaia di password in un database, di generarne di complesse (es: N+k3?PS}}L2^2Xb) e che ricordano di cambiarle dopo un certo numero di giorni.
In questo modo occorrerà ricordare soltanto la Master Password scelta per accedere al manager stesso (che dovrà essere anch’essa robusta e da conservare al meglio!).
Sono strumenti estremamente sicuri in quanto hanno elevati criteri di cifratura: non è possibile leggere le password senza la Master Password che cripta i dati.



AUTENTICAZIONE A 2 FATTORI e BIOMETRIA

L’ultimo consiglio promosso dagli organizzatori del World Password Day è di optare, se possibile, per l’autenticazione a due fattori.
Si tratta di un metodo di accesso mediante 2 diversi metodi di autenticazione.
Di solito, dopo avere inserito le proprie credenziali, il titolare dell’account a cui si sta cercando di accedere riceve un SMS con un ulteriore codice da digitare.

Probabilmente in futuro entreremo in un’era senza password, dove sarà la biometria a proteggere gli accessi, per es. con il riconoscimento facciale, delle impronte digitali, della voce o la scansione della retina. La loro efficacia va oltre il vecchio concetto di password e saranno di più semplice utilizzo.

Il World Password Day vuole dunque essere l’occasione per aumentare la consapevolezza sul ruolo che le password svolgono nella protezione delle nostre vite digitali e servire come reminder per cambiarle almeno una volta l’anno.

Siamo certi che la battaglia tra hacker e sicurezza non finirà mai.


CHAT GPT TORNA IN ITALIA: le novità, la corsa alle I.A., i pericoli

LO SBLOCCO

Lo sanno ormai tutti: ChatGPT è tornato disponibile in Italia.
Dopo il blocco causato dal Garante della Privacy italiano, Open AI ha implementato i controlli e reso il suo chatbot conforme agli obblighi del GDPR, ripristinando il servizio che aveva spento un mese fa. La Privacy Policy risulta infatti aggiornata al 27 aprile (il termine massimo per farlo era il 30 aprile).
Vediamo le nuove funzioni, valide per tutti gli utenti a livello mondiale, introdotte grazie all’intervento italiano.



LE NOVITA’

– Si potrà disattivare la cronologia delle chat. In questo modo le conversazioni NON verranno utilizzate dallo staff per addestrare l’algoritmo.
– OpenAI conserverà le conversazioni per 30 giorni e le esaminerà solo quando necessario, in caso di eventuali abusi, e poi le eliminerà definitivamente.
– Gli utenti potranno esportare i dati salvati su ChatGPT per archiviarli sul proprio computer.
– Entro il 31 maggio verrà introdotto un sistema di verifica dell’età, per bloccare l’accesso agli under 13 (al momento, collegandosi a ChatGPT, l’utente è accolto con un messaggio che avverte del fatto che iniziando una conversazione, si dichiara di essere maggiorenni o di avere più di 13 anni e il consenso dei genitori).
L’informativa sul trattamento dei dati, ben visibile ora nel messaggio di benvenuto, specifica che è possibile che i contenuti che si forniscono siano utilizzati per migliorare i servizi (x es: per allenare i modelli linguistici che alimentano il chatbot).
– Entro il 15 maggio OpenAI dovrà promuovere una campagna di informazione su radio, TV, giornali e web per informare le persone sull’uso dei dati personali ai fini dell’addestramento degli algoritmi.
– Nascerà a breve un abbonamento “Business”, con altre funzionalità speciali.



LA CORSA ALLE INTELLIGENZE ARTIFICIALI GENERATIVE

Chat GPT cercherà in tutti i modi di mantenere la sua leadership in quella che è diventata una vera corsa alle I.A. Le BigTech stanno investendo sulle I.A. generative e sta infatti crescendo in modo esponenziale il loro numero.
Ne elenchiamo giusto alcune altre:
BING di Microsoft
BARD di Google (non ancora disponibile al pubblico)
TRUTH GPT di Elon Musk
GALACTICA di Meta
MYAI di Snapchat
GIGACHAT (I.A. Russa)
PERPLEXITY AI (per le ricerche), CHATSONIC (per scrivere blog e post), JASPER (per generare contenuti marketing)



I PERICOLI PER IL MONDO DEL LAVORO

Questa velocissima diffusione delle I.A. avrà nel prossimo futuro impatti significativi sul mondo lavorativo, perchè c’è il timore che possa sostituire molti posti di lavoro.

Nessuno può dirlo con certezza, ma l’esempio di IBM spaventa un po’: il colosso americano infatti ha intenzione di rimpiazzare il 30% dei ruoli di back-office con l’I.A. nei prossimi 5 anni. Non procederà con licenziamenti, ma non sostituirà chi va in pensione o cambia impiego. Si stima che il risultato sarà di 7800 dipendenti in meno.

In generale, i lavoratori a rischio potranno essere gli operai assemblatori (per via del progredire della robotica), i cassieri (a causa dei self-checkout), gli operatori per l’assistenza o di telemarketing (che con i chatbot sempre più “intelligenti” potrebbero non essere più persone in carne e ossa), gli impiegati di banca (con la nascita di piattaforme digitali con alta capacità di “dialogo” col pubblico), i fotografi (l’I.A. riesce a comporre immagini artistiche e a ottimizzare le impostazioni di una fotocamera), gli addetti stampa (le I.A. sono in grado di creare testi, comunicati e mail), ma anche analisti di mercato, tour operator, designer, avvocati, contabili etc.

Rischia meno chi svolge mestieri pratici come artigiani, dottori, chi lavora nell’edilizia, camerieri e cuochi, macellai, etc.

D’altro canto, il cambiamento portato dalle I.A. sarà anche in senso positivo perché grandi sono le loro potenzialità: investendo su formazione e sviluppo di competenze che si adattino a questa evoluzione e integrando i servizi delle I.A. alle proprie mansioni, i lavoratori potrebbero ottimizzare i propri compiti ed essere sollevati dallo svolgimento di parte del lavoro quotidiano (senza perderlo), guadagnando ore di tempo libero.
Aumentando l’efficienza aziendale e la produttività, il PIL globale potrebbe crescere fino al 7% in 10 anni.


Di certo occorrerà prepararsi.
Aziende e lavoratori dovranno riuscire a far propri i tanti servizi AI esistenti e sfruttarli al meglio, applicarli alla vita quotidiana, ma in modo responsabile e rimanendo consci che ciò che viene generato dai chatbot potrebbe non essere corretto.
Le legislazioni dovranno aggiornarsi e disciplinare il settore delle I.A. per evitare contenuti errati, razzisti, fuorvianti, e arginare la disinformazione.
Le aziende produttrici di AI, dal canto loro, cercheranno di far evolvere i loro algoritmi e modelli linguistici.

Insomma, c’è davvero tanta carne sul fuoco!


EUROPEAN CHIPS ACT, un tentativo di autonomia tecnologica in Europa

L’IMPORTANZA DEI CHIP

I chip svolgono un ruolo centrale nelle economie moderne e nella nostra vita quotidiana, dato che sono il blocco costitutivo di tutti i prodotti elettronici.
Sono componenti strategiche per tutti i settori, come l’industria manifatturiera, automobilistica, le comunicazioni, l’elaborazione dei dati, la difesa, i dispositivi intelligenti, i giochi etc.
I POS, le lavatrici, le automobili, i cellulari… tutti gli oggetti smart sono dotati di un chip (un microprocessore), composto da una piastrina di silicio (materiale semiconduttore) su cui sono inserite componenti elettroniche.

Nel 2021 sono stati fabbricati più di 1000 miliardi di chip nel mondo, e la domanda è in continua crescita, per 2 motivi:
– l’aumento della richiesta di prodotti elettronici da parte dei consumatori
– l’aumento della diffusione dell’IA e del big data management

Oggi la produzione è in mano all’Asia (il 60% dei chip di tutto il mondo è fabbricato a Taiwan, poi assemblati, collaudati e imballati in Cina), mentre design e ricerca si concentrano negli Stati Uniti. Ad ogni modo, Joe Biden sta cercando di portare la produzione di microchip sul territorio americano, investendo su chip made in USA.
Questo è un esempio della globalizzazione e dell’interdipendenza tra Stati: nessuno Stato ha il controllo completo della filiera produttiva dei chip, che quindi risente delle relazioni politiche tra Stati diversi. In questo contesto, l’Europa prova a rispondere alla carenza di semiconduttori, incentivandone la produzione autonoma, per realizzare la digitalizzazione, la transizione ecologica e l’economia circolare (pensiamo ai 3.500 circuiti delle auto elettriche).



LA CRISI DEI CHIP

La recente carenza globale di chip ha causato scarsità di prodotti e persino costretto fabbriche a chiudere (es: l’industria automobilistica ha ridotto la produzione fino a un terzo in alcuni Paesi UE).
Vediamone le cause:

– La pandemia Covid ha causato un aumento della richiesta di smartphone e dispositivi per lo smartworking e la didattica a distanza. Per rendere più sociale l’isolamento è aumentata in modo esponenziale la domanda di chip.
E’ così che a fine 2020 ne è iniziata la crisi: aumento dei prezzi , ritardi nella produzione, difficoltà di approvvigionamento delle componenti.

I cambiamenti climatici: la siccità e gli incendi che colpirono Taiwan nel 2021 hanno portato alla riduzione della produzione di microchip.

La guerra in Ucraina: l’Ucraina è il principale esportatore di neon, mentre la Russia è il principale esportatore di palladio, materiali necessari per la lavorazione dei chip. Con lo scoppio della guerra le estrazioni russe e ucraine si sono quasi arrestate.

Sebbene si preveda che la domanda di chip raddoppierà entro il 2030, la quota europea di produzione dei chip sul mercato globale è passata dal 40% degli anni ’90, al 10% nel 2020. Ciò denota un crescente disimpegno europeo nel settore, inversamente proporzionale all’importanza che ha assunto questo mercato.

E’ proprio in questo scenario, che vede la domanda di chip in crescita e l’attuale crisi di approvvigionamento, L’UE ha deciso di intervenire con il Digital Chips Act.



LO EUROPEAN CHIPS ACT

E’ la legge europea sui semiconduttori, nata* per rendere autonoma l’UE in un settore strategico come quello della produzione di chip. Prevede lo stanziamento di 43 miliardi di euro per creare una filiera europea di produzione dei chip, affinchè gli Stati membri non debbano ricorrere a forniture extraUE.
Le cifre stanziate saranno impiegate per rafforzare la sovranità tecnologica, realizzando nuove fabbriche e potenziando quelle già operanti nel settore.

5 obiettivi del Chips Act:

1) rafforzare la ricerca e la leadership tecnologica dell’UE;
2) sviluppare la capacità europea di progettare e produrre chip avanzati e innovativi
3) raddoppiare la produzione europea di chip entro il 2030 (portandola al 20% del mercato globale)
4) promuovere l’istruzione, le competenze e i talenti nella microelettronica
5) comprendere i meccanismi delle catene globali di approvvigionamento dei semiconduttori

3 componenti principali del Chips Act:

A) Sostenere l’innovazione e la ricerca di chip all’avanguardia, affidabili ed efficienti dal punto di vista energetico (con l’iniziativa Chips for Europe, che finanzia – con 11 miliardi di euro – progettazione, realizzazione e sperimentazione di prototipi.

B) Garantire gli approvvigionamenti creando in Europa una rete industriale di nuove fonderie per microchip con capacità produttive su larga scala.

C) Coordinamento tra gli Stati membri e la Commissione Europea per anticipare le crisi, monitorando gli sviluppi del mercato.
Osservando la domanda dei semiconduttori si impediranno o anticiperanno eventuali carenze di approvvigionamento.
Gli stati membri mapperanno le proprie imprese operanti in questo ambito e informeranno regolarmente l’UE sullo stato del settore. In caso di crisi, la Commissione attuerà misure di emergenza. 


In quanto italiani, speriamo vivamente che le misure adottate dall’UE saranno davvero efficaci: sarebbe un orgoglio per noi del Vecchio Continente.


*(inizialmente approvata l’8/02/2022 dalla Commissione Europea, poi vagliata dal Parlamento Europeo. Il 18/04/2023 è stato raggiunto un accordo politico tra il Parlamento europeo e il Consiglio sull’Atto e ora sarà oggetto di approvazione formale da parte dei due colegislatori e andrà in approvazione formale)


GOOGLE GLASS, addio


Il 15 marzo 2023 Google ha interrotto la produzione e la vendita dei famosi Google Glass: si conclude così la storia commerciale di questo prodotto non proprio di successo.

COS’ERANO

I Google Glass erano occhiali in realtà aumentata o Smart Glasses (occhiali intelligenti).

A renderli speciali e differenti rispetto ogni altro paio di occhiali era principalmente la presenza di un display: un vetrino posizionato su un lato che consentiva di visualizzare applicazioni, video e contenuti multimediali.
Possedeva inoltre una fotocamera da 5MPixel per registrare video, connettività Wi-Fi e Bluetooth, un touchpad, 16GB di memoria interna e la possibilità di eseguire comandi vocali tramite la parola chiave “OK Glass” (similmente a “OK Google“).
Questo dispositivo era dunque sfruttabile come centro di riproduzione multimediale e polifunzionale, al posto del proprio smartphone e come comodo strumento di ripresa.
Così dal 2013 vennero prodotti i primi Google Glass “Explorer Edition” rivolti ai normali consumatori, in 5 colori, con una struttura resistente, flessibile ed impermeabile.


IL FLOP

Vari sono i motivi per cui questo particolare prodotto, nato più di 10 anni fa, non sia riuscito ad imporsi nella quotidianità delle persone.
– Innanzitutto, nonostante i Google Glass fossero compatibili con Android ed iOS, le app al loro interno venivano gestite da Glass OS (sistema operativo proprietario della piattaforma) che impediva all’utente di disporre del vasto catalogo di applicazioni di Android.
– Altra importante limitazione era il prezzo esorbitante al quale erano venduti (1.500$, tasse escluse) e la limitata reperibilità.
– Ulteriore difetto fu poi la diffidenza che suscitavano tra i consumatori: pensiamo alla possibilità di venire filmati o fotografati da qualcuno che indossasse gli occhiali intelligenti mentre si cammina tranquillamente in città, ledendo la propria privacy.

Questi aspetti li resero uno status symbol odioso al grande pubblico, nonostante fosse l’unico prodotto di questo tipo in commercio.

Per ovviare a questo fallimento, tra il 2017 e il 2019 Google decise di chiudere il progetto rivolto ai consumatori domestici e ri-brandizzarlo, dando un’impronta più professionale ai suoi occhiali, lanciando la “Enterprise Edition”, orientata al settore aziendale e del business, con alcune novità come Wi-Fi potenziato e fotocamera da 8MPixel.
Tuttavia, anche tra il pubblico dei professionisti i Google Glass non riscossero mai l’interesse che ci si aspettava (specialmente in ambito medico e scientifico, settori ai quali Google puntava maggiormente), complice anche la scarsa domanda generale per oggetti di questo tipo.

E’ così che un progetto iniziato nel 2013 termina 10 anni più tardi, dopo questa serie di fallimenti, raggiungendo nel Cimitero di Google prodotti come: Google+ (social chiuso nel 2019); Google Chromcast audio (una sorta di Alexa, chiuso nel 2019); Picasa (software di foto ritocco chiuso nel 2016) e Stadia (piattaforma online di gaming, chiusa a gennaio 2023), per citarne alcuni.


NUOVI PROGETTI

E’ pur vero che, sebbene per il colosso americano questa tecnologia si sia rivelata un fallimento, la concorrenza non sta a guardare: nel 2023 potremmo avere, sul fronte della realtà aumentata, novità da parte di Apple, mentre Meta dovrebbe produrre entro il 2025 occhiali simili che mostrino i contenuti in arrivo dalle piattaforme social del gruppo e dal metaverso.
Snapchat ha poi già prodotto i suoi Spectacles: occhiali intelligenti economici (costano solo 129$), più colorati e divertenti, che sebbene siano meno avanzati (non possedendo sviluppo di app), risolvono il problema della privacy mostrando all’utente quando viene ripreso, grazie all’accensione di spie luminose.


In ogni caso sembra che per Google la tecnologia della realtà aumentata indossabile non sia stata definitivamente abbandonata: nel 2022, il colosso ha dichiarato di continuare a lavorare su tecnologie di ‘augmented reality’ (per es, ha parlato di un paio di occhiali che possano tradurre, in tempo reale, un discorso da una lingua all’altra).

Rimaniamo allora in attesa di scoprire quali novità usciranno in commercio nei prossimi anni in questo ambito!


Il caso ChatGPT


COS’E’ ChatGPT

In CRP Software stiamo seguendo con interesse il caso ChatGPT.

ChatGPT è il più noto software di intelligenza artificiale avanzata, creato dalla società statunitense OpenAI, in grado di simulare conversazioni umane, capace di “pensare” e rispondere esattamente come una persona.

Sebbene sia uno strumento estremamente complesso, si presenta come una normale chat, con una interfaccia minimale che rende l’utilizzo molto semplice, anche per chi non ha particolari competenze informatiche.
Funziona come una vera e propria chat: l’utente pone domande e il chatbot risponde, via via in modo sempre più esaustivo.
Utilizzare ChatGPT può essere un’interessante esperienza: conversare con questa intelligenza artificiale può migliorare la propria conoscenza su svariati argomenti o addirittura può aiutare a lavorare più velocemente (x es: creare contenuti come articoli, post, descrizioni di prodotti, recensioni, fare riassunti, etc).


LE CRITICITA’

Il Garante della Privacy Italiano ha però rilevato il mancato rispetto del regolamento europeo sulla Privacy e sul trattamento e protezione dei dati (GDPR), a causa della mancanza di un’informativa sulla raccolta dei dati personali e l’assenza di una base giuridica per raccoglierli e conservarli.
In sostanza OpenAI potrebbe utilizzare a suo piacimento i dati degli utenti, soprattutto per “addestrare e allenare” ulteriormente il ChatBot, rendendolo più “intelligente” e rapido nel dare risposte e le richieste fatte all’algoritmo potrebbero poi rimanere salvate sui server di OpenAI.
Senza contare che, al momento, il software non effettua controlli sull’età degli utenti (l’accesso avviene tramite autenticazione Microsoft o Google): permettendo quindi anche ai minori di 13 anni di accedere.
Inoltre le informazioni fornite da ChatGPT a volte sono errate: utilizzando fonti non verificate, può dare risposte sbagliate su persone, luoghi, aziende, eventi storici…


QUALCHE ESEMPIO

Qualche esempio concreto per comprendere meglio i pericoli legati alla Privacy:
– I dipendenti di OpenAI possono leggere ciò che si immette in ChatGPT (“Your conversations may be reviewed by our A.I. trainers to improve our systems”). Ecco che SAMSUNG ha subìto una fuga di dati su progetti industriali, perché alcuni suoi lavoratori hanno inserito codici di sicurezza di software aziendali per farli controllare dal ChatBot alla ricerca di eventuali errori. E’ stato anche caricato il video di una riunione, chiedendone all’Intelligenza Artificiale un riassunto scritto.
Questi dati di Samsung, che dovrebbero essere riservati, potrebbero invece rimanere registrati sui server di ChatGPT.

– Possiamo anche immaginare un medico che, per far analizzare un referto o riassumerlo, lo carichi in ChatGPT con nome e cognome del paziente.

– O ancora, pensiamo a un minore che, spinto dalla curiosità, si rivolga a questa chat per avere informazioni su argomenti delicati o pericolosi o fornire dati personali, pensando sia uno spazio privato, ricevendo risposte distorte o inidonee al suo grado di sviluppo e di auto-consapevolezza.


IL BLOCCO E LE CONDIZIONI PER IL RITORNO

Tutto ciò ha indotto OpenAI a disabilitare l’accesso per gli utenti italiani, finché non avrà regolarizzato la propria posizione legale.
Si tratta quindi di una autosospensione del servizio e non di un blocco imposto dal Garante, come spesso si legge.
Sembra inoltre che anche Canada, Germania, Francia e Irlanda stiano avviando istruttorie in tal senso.

Il 4 Aprile 2023 è iniziato il confronto tra OpenAI e il Garante della Privacy Italiano.
L’azienda americana ha confermato la sua volontà di collaborare con l’Autorità ed ha fatto pervenire alcune proposte per rendere il trattamento dei dati degli utenti conforme alla normativa Privacy.
OpenAI avrà fino al 30 Aprile per adempiere alle prescrizioni dettate dal Garante (dovrà essere pubblicata un’informativa privacy chiara, facile da leggere e consultabile prima di procedere alla registrazione) oppure il servizio rimarrà sospeso e potrebbero arrivare multe.
E’ stato sottolineato come non vi sia intenzione di frenare lo sviluppo dell’AI e dell’innovazione tecnologica, ma i dati personali dei cittadini vanno tutelati. Un’operazione di trasparenza sembra davvero indispensabile.

Siamo curiosi di scoprire come finirà la vicenda, rimaniamo sintonizzati!

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Industry 4.0

Industry 4.0 è il termine che identifica la quarta rivoluzione industriale, un processo di innovazione tecnologica che porterà le aziende manifatturiere alla produzione industriale automatizzata e interconnessa, ovvero un sistema integrato di impianti, macchinari, persone, dispositivi mobili e strumenti informatici che sono in grado di dialogare tra loro, sia all’interno che all’esterno della fabbrica.

Tutto questo si traduce in un sistema operativo di fabbrica in grado di gestire e controllare in tempo reale tutte le operationi, ottimizzare processi e risorse, analizzare le performance di efficienza, ridurre gli errori e gli sprechi per raggiungere l’eccellenza produttiva. Un software ERP rappresenta lo strumento informatico necessario e obbligatorio verso l’informatizzazione e l’automazione del sistema fabbrica.

Infatti, risponde perfettamente a quanto richiesto dai paradigmi dell’Industry 4.0.

Ma in termini pratici, quali sono i passaggi da seguire per realizzare concretamente una fabbrica 4.0 ?

  1. DIGITALIZZAZIONE: Abolire “carta e penna” per la trasmissione delle informazioni lungo la catena produttiva e dotarsi di uno strumento informatico che digitalizza le informazioni e le rende disponibili in tempo reale sulla rete, per invio e recezione (procedure, disegni tecnici, istruzioni, note tecniche agli operatori, documenti di controllo qualità, liste materiali, etc). Tutto diventa disponibile in tempo reale e in formato digitale.
  2. POSTAZIONI DI LAVORO SMART: Dotare gli operatori di PC, tablets, palmari industriali, in modo da essere sempre connessi alla rete e con il sistema informatico di fabbrica che gestisce l’intero processo produttivo.
  3. AUTOMAZIONE DEL PROCESSO: Organizzare il processo produttivo con macchine, strumenti di misura, magazzini automatici, attrezzature, dispositivi, terminali, stampanti industriali e così via, in modo che tutta la fabbrica possa essere collegata in rete.
  4. SISTEMA INFORMATICO DI FABBRICA: Attivare un sistema informatico di fabbrica per interconnettere fra di loro tutte le risorse produttive con i relativi processi.

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Startup, scegli la Fattura Elettronica

Stai lanciando la tua startup, sicuramente sarai concentrato sul raggiungimento del tuo obiettivo, ma ti troverai comunque ad affrontare svariate difficoltà. Una tra le tante sarà la forma societaria di partenza, solitamente quella della Partita IVA in regime forfettario.

Infatti, nonostante la scelta tra la fatturazione elettronica e quella cartacea possa sembrare scontata, almeno in partenza, non essendoci al momento in vigore un obbligo di legge, la Partita IVA in regime forfettario può (ad oggi) scegliere liberamente tra le due modalità. Ma, per una startup che basa la sua natura sull’innovazione, ha davvero senso valutare l’opzione cartacea?

Una start-up è un’organizzazione di recente creazione con un business model e un potenziale tale da poter espandersi velocemente e quindi, mira a diventare una grande impresa con un business model scalabile e ripetibile.

stratup.info

Sembra quindi che per definizione, essere “startup”, significhi sposare da subito il termine “innovazione”, questo ancor prima della sua creazione.

Lo Stato aiuta, questa che a tutti gli effetti è un’azienda, con una riduzione dell’imposta sostitutiva dal 15 al 5%, un vero e proprio boost per le fasi iniziali dell’azienda. Ma essere “startup” è molto di più, non solo dal punto di vista normativo; si tratta di un vero e proprio concentrato di prospettive e di progettualità tali da tracciare un’ambizione chiara e strutturata.

Ritornando così alla scelta del tipo di fatturazione, mentre la scelta del cartaceo vincola di fatto ad una serie di ostacoli, la fattura elettronica apre ad una lunga serie di opportunità. Le due scelte definiscono quindi contesti differenti e un imprenditore oculato farà intraprendere fin da subito alla propria nuova azienda la strada più corretta.

Scegliere la Fattura Elettronica significa operare con facilità, sicurezza, e massima fruibilità da tutti i nuovi dispositivi digitali. Significa risparmiare tempo, ridurre al minimo i costi di gestione ed essere più efficienti, svincolando così l’azienda da meccanismi rigidi e obsoleti, oltre a diminuire drasticamente il margine di errore.

Insomma, la scelta della fattura elettronica porta solo ed esclusivamente vantaggi.

Inoltre, la grande flessibilità e l’integrazione nei software di gestione aziendale quali Genio ERP, pone qualsiasi utente nell’immediata sicurezza di operare ed essere in grado di fatturare da subito.   

Inutile immaginare un percorso di fatturazione cartacea quando la prospettiva di breve periodo sono quelle di crescita e di conseguente uscita dal regime forfettario, cosa quest’ultima che obbliga a adeguarsi all’obbligo della fattura elettronica.

Se per qualsiasi Azienda, la presentazione di una fattura in un modo o in un altro può caratterizzare l’immagine e la serietà del brand, per una Startup è ancora più importante.

Tornando all’inizio, hai appena lanciato la tua startup, a questo punto non devi far altro che trovare il primo cliente e presentare la tua prima Fattura Elettronica.

Gli strumenti di lavoro sono fondamentali per iniziare davvero a correre nel mondo del business, e CRP Software è pronta a correre al tuo fianco.

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Internet Day: il 29 ottobre 1969

Iniziò così, con un “LO” spedito da un computer grande come una stanza collegato con quattro università americane. La storia di ARPANET vedrà poi l’invio del messaggio completo con successo un’ora dopo. L’Advanced Research Projects Agency Network (ARPANET), il precursore di Internet, era un progetto universitario finanziato dal Dipartimento della Difesa statunitense a scopo militare.

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