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Meta rivoluziona l’interazione con il Downvote e EDITS

I social media sono in continua evoluzione, e Meta, sempre all’avanguardia, starebbe per introdurre due novità destinate a cambiare il modo in cui gli utenti interagiscono con i contenuti

Il pulsante di DOWNVOTE: oltre la semplice disapprovazione

Meta sta testando un nuovo pulsante di “downvote” nel suo social Facebook. Questa funzione, però, non va intesa come un “Non Mi Piace”.
Mentre il “Mi piace” esprime apprezzamento, il “downvote” servirà per indicare contenuti percepiti come irrilevanti, fuorvianti o di bassa qualità.

Meta utilizzerà questi feedback per migliorare la qualità dei contenuti visualizzati dagli utenti. Ciò dovrebbe contribuire a ridurre la diffusione di clickbait, disinformazione e contenuti che non rispettano le linee guida della community.

A differenza di altre piattaforme, i downvote su Meta non saranno pubblici, dunque non influenzeranno la visibilità di un post. Il loro scopo è solo quello di permettere a Meta di affinare i propri algoritmi di ranking dei contenuti.

E’ vero che il pulsante di downvote potrebbe venire utilizzato in modo improprio per silenziare opinioni divergenti o per attacchi contro specifici contenuti o creatori, ma vedremo come Meta gestirà i dati raccolti e come evolveranno le sue politiche per prevenire abusi.


EDITS, l’editing video integrato: la creatività a portata di tap

L’altra grande novità riguarda l’introduzione di EDITS, uno strumento di editing video direttamente all’interno delle app di Meta, in particolare su piattaforme come Instagram e Facebook. Questa mossa risponde alla crescente popolarità dei contenuti video brevi e dinamici. Ora gli utenti avranno la possibilità di rifinire le proprie creazioni senza dover ricorrere ad applicazioni esterne.

Le funzionalità di editing includono opzioni per tagliare e unire clip, aggiungere testo, filtri, effetti speciali e musica di sottofondo. Questa integrazione semplifica notevolmente il processo di creazione e condivisione di video coinvolgenti, rendendo la produzione di contenuti accessibile a un pubblico più ampio.

I creatori di contenuti avranno più efficienza e potranno esprimere la propria creatività in modo più completo all’interno del sistema Meta. Gli utenti occasionali, allo stesso modo, potranno creare video di qualità.
Meta vuole assicurarsi così sempre più partecipazione e interazione e continuare a attrarre e fidelizzare utenti.
Questa novità nasce soprattutto per via della competizione con piattaforme rivali come TikTok, che già possiedono strumenti di editing video nativi.



In un mondo digitale in continua evoluzione, l’adattamento e l’innovazione rimangono elementi chiave per il successo, e Meta sembra intenzionata a rimanere protagonista di questo cambiamento.




Dimentichiamoci di Google.it

LA FINE DEI DOMINI NAZIONALI

Google ha da poco annunciato la progressiva chiusura dei suoi domini nazionali, tra cui la versione italiana del motore di ricerca “Google.it“. La cosa coinvolgerà quindi ogni Nazione, Dalla Germania alla Francia al Brasile e così via.
Tutti i domini locali verranno dismessi per lasciare il posto alla versione unica del sito Google.com.
La motivazione principale di questa scelta risiede nella volontà di attuare una riorganizzazione dell’infrastruttura globale di Google che permetta di ridurre i costi legati alla gestione dei numerosi domini nazionali e delle loro specifiche configurazioni, semplificando al contempo il sistema di aggiornamenti e manutenzione.
La transizione avverrà gradualmente nei prossimi mesi.

COSA CAMBIA PER GLI UTENTI?

Dal punto di vista pratico, per gli utenti la ricerca funzionerà come sempre: questa misura non porterà disagi all’esperienza di navigazione. Semplicemente, se proveremo ad accedere al sito italiano di Google verremo reindirizzati alla versione internazionale google.com.
Tuttavia la home page risulterà standardizzata: stesso layout e stessi strumenti per ogni Paese e non ci saranno più contenuti iniziali personalizzati per l’Italia. Ad esempio, la pagina principale di Google News non avrà più più sezioni dedicate ai portali italiani.

La lingua del browser resterà impostata sull’italiano, poiché le ricerche terranno conto della posizione geografica dell’utente da cui si collega l’utente. L’evoluzione dei sistemi di geolocalizzazione ha reso obsolete le suddivisioni nazionali, che erano necessarie quando il colosso tecnologico non aveva ancora raggiunto una diffusione globale così capillare.

Anche i servizi collegati a google.it rimarranno pienamente operativi: Gmail, Maps, Drive, Traduttore e così via: cambierà solo il dominio da cui vi si accederà.
Parallelamente, questa semplificazione del sistema non influenzerà in alcun modo la gestione degli obblighi legali nazionali da parte di Google.




Mentre arriva la nuova Alexa+… Skype chiude


Le notizie informatiche più degne di nota di questa settimana sono due: si tratta di un nuovo inizio e di una inaspettata fine.

ALEXA+ E’ IN ARRIVO

Il 26 febbraio Amazon ha annunciato una rivoluzione per il suo assistente vocale che si trasformerà in Alexa+.
Sarà più smart, più efficiente e personalizzata. Avrà una personalità, migliorerà e imparerà interagendo con l’utente. Sarà anche più colloquiale: non servirà più formulare le frasi in modo preciso, così la conversazione sarà più fluida (in effetti l’IA ci ha abituati a conversazioni naturali).

Si potrà chiedere all’assistente di fare la spesa o di inviare inviti per un evento, mandare e leggere email, condividere documenti o estrarne informazioni, aggiungere eventi al calendario ma anche scattare foto ed analizzare immagini.
Grazie alle partnership in essere potrà interagire anche con servizi come Uber, Spotify, Apple Music, Netflix, Disney+.
Potremo allora chiedere di riprodurre la nostra musica preferita, cambiare stanza in cui diffonderla, ma anche intrattenere una conversazione riguardo un cantante, magari sulla sua discografia, o addirittura comprare i biglietti per un suo concerto.
Riguardo i film, potremo far domande su personaggi, trame, episodi o riprodurre una specifica scena.

Alexa+ si potrà utilizzare dal sito web, dall’applicazione o su quasi tutti i dispositivi fin’ora lanciati sul mercato (cioè gli Echo Show 8, 10, 15 e 21).
Inizialmente sarà disponibile solo negli USA in inglese, ma arriverà certamente anche in Italia.
Il suo costo è di 19,99 $ al mese, ma è gratuita per i clienti Amazon Prime.

In autunno sono poi attesi anche i nuovi altoparlanti Echo che supporteranno al meglio Alexa+.
I dispositivi Echo più vecchi continueranno a svolgere le funzioni di Alexa “classica”.

L’ADDIO A SKYPE

XDA Developers (comunità di sviluppo di software con milioni di utenti in tutto il mondo) ha scoperto che in alcune stringhe di codice dell’ultima versione preview di Skype è presente la frase “A partire da maggio, Skype non sarà più disponibile. Continua le tue chiamate e chat in Teams“.

Lanciato nel 2003, Skype ha rivoluzionato la comunicazione nei primi anni Duemila. Per molti utenti è stata la prima esperienza di chiamate e videochiamate via internet. E’ stato poi acquistato nel 2011 da Microsoft per 8,5 miliardi di Dollari, che lo ha integrato in Windows e in altri prodotti. Tuttavia col tempo l’applicazione non è stata molto aggiornata. Ha avuto un incremento di utenti durante il lockdown, ma comunque inferiore ad altre piattaforme come Whatsapp, Telegram o Discord, considerate più moderne.

Manca solo l’annuncio ufficiale, ma sembra proprio che Microsoft abbia iniziato la transizione verso Teams, nato nel 2017 come piattaforma di collaborazione rivolta principalmente alle aziende, ma ora proposta anche ai privati.

La notizia arriva come un fulmine a ciel sereno, ma a quanto pare dobbiamo davvero prepararci a salutare Skype.




L’IMPATTO AMBIENTALE DELLE IA: NON CI SONO SOLO I “CONTRO”

L’IMPATTO AMBIENTALE DELLE IA: NON CI SONO SOLO I “CONTRO”


Torniamo a parlare di IA, indagando questa volta su un tema che viene spesso trascurato: il suo impatto ambientale.
L’IA ormai è entrata nel nostro quotidiano, semplificando – spesso gratuitamente – operazioni lavorative e quotidiane e offrendo anche divertimento.
Tuttavia, accanto ai numerosi vantaggi, emergono anche preoccupazioni, come le questioni legate al copyright, alla privacy degli utenti, e ai costi energetici dei complessi calcoli che questi modelli devono eseguire per essere addestrati o per rispondere alle nostre richieste.

Le intelligenze artificiali funzionano in cloud, passando quindi attraverso grandi server, che sono infrastrutture che richiedono energia e acqua.
Produrre l’energia elettrica necessaria comporta la produzione di gas come la CO2, a causa del fatto che la maggior parte dei Paesi produce energia elettrica partendo da combustibili fossili (tra cui gli USA, dove si trova la gran parte delle startup AI).

La Carnegie Mellon University ha calcolato che la generazione di una singola immagine con l’IA consuma la stessa energia necessaria per caricare uno smartphone. Elaborare 1.000 foto provoca la produzione della stessa quantità di CO2 emessa da una piccola auto per percorrere 6,6 km.
Se moltiplichiamo l’operazione per decine di migliaia di foto, le cifre salgono in modo allarmante. La cosa non è da sottovalutare, se consideriamo che solo ChatGPT è utilizzato da 10 milioni di persone al giorno, e che in generale i modelli di IA generativa sono sempre più popolari e vengono interpellati miliardi di volte al giorno.

La generazione di un testo consuma invece l’84% in meno di elettricità rispetto a una foto. Ad ogni modo scrivere un’email di 100 parole con GPT-4 richiedere circa 0,14 kWh, che equivale a tenere accese 14 lampadine LED per un’ora. Non solo l’utilizzo delle IA da parte degli utenti provoca emissioni: anzi, la fase più energivora è quella di creazione e addestramento di un modello: l’intero processo “pesa” circa 3oo tonnellate di CO2.
Per es: l’energia usata per creare ChatGPT-3 è stata pari a quella consumata dal ciclo-vita di 5 automobili, dalla produzione alla rottamazione e con 200.000 km di percorrenza.

Per quanto riguarda il consumo idrico, i server necessitano di essere raffreddati per funzionare in modo sicuro ed efficiente. Il loro calore viene ceduto all’acqua tramite torri di raffreddamento. L’acqua utilizzata in parte evapora e in parte viene riciclata 3-10 volte prima di essere scaricata in fogna.
Si stima che una mail di 100 parole scritta da ChatGPT-4 consumi mezzo litro d’acqua, mentre l’addestramento di ChatGP3 ne avrebbe richiesti 3,5 milioni di litri.
Teniamo ben presente che se l’energia elettrica può essere prodotta da fonti rinnovabili, l’acqua è invece una risorsa limitata e scarsa in molte aree del mondo.

Confrontando l’energia consumata dalle IA e quella necessaria ad un essere umano per portare a termine uno stesso compito, il risultato potrebbe comunque essere a favore dell’AI: i modelli IA hanno grandi picchi di consumo ma rispondono in tempi brevissimi, mentre un artista o uno scrittore impiegherebbe diverse ore per terminare un lavoro ed utilizzerebbe comunque elettricità (produzione di cibo, riscaldamento, altre necessità).
Anche gli anni di studi per poter produrre lavori di qualità implicano investimenti di tempo ed energie: così come formare modelli AI è un processo energivoro, anche la nostra formazione è costosa.

Per eseguire compiti che prevedono il trattamento di enormi quantità di dati, l’IA è più veloce ed efficace e ciò permette di abbattere i tempi e di conseguenza anche il consumo di energia.
Bisogna quindi chiedersi sempre quanto sarebbe costato fare “dal vero” una operazione.
Per esempio, l’impatto ambientale per creare “dal vero” una fotografia pubblicitaria di un’automobile, che necessiterebbe di luci, dello spostamento di persone (che arriverebbero sul set magari in aereo), di catering, etc, sarebbe molto superiore rispetto a quello derivante dalla generazione di quella stessa immagine con l’IA.

Se l’IA viene usata per generare contenuto inutile allora il suo impatto ecologico non è giustificato, diversamente potrebbe anzi ridurlo.
Inoltre nel futuro l’IA consumerà sempre meno, grazie allo sviluppo di modelli più maturi ed efficienti, e poi il costo maggiore che è quello iniziale di addestramento, viene ammortizzato con l’utilizzo.


In vista della crescente domanda di servizi basati sull’IA occorrerà trovare soluzioni per ridurne il pesante costo ambientale.
Servirà investire nelle energie rinnovabili – cosa che sempre più aziende che operano nell’IA stanno facendo – e nella ricerca di modelli più efficienti che richiedano meno dati e consumino meno risorse. Posizionare i data center in luoghi con climi freschi aiuterebbe a ridurre il consumo idrico.

Sarà prezioso anche il contributo degli utenti, che dovranno utilizzare questi strumenti in modo consapevole, limitandone l’uso non necessario.
Come sempre capita, a volte il problema non è la tecnologia in sé, ma l’utilizzo che ne facciamo.




Le ultime novità di Google e Chat GPT

GENERATORE DI IMMAGINI – GOOGLE GEMINI

Google ha di recente introdotto diverse interessanti novità.

Da qualche giorno ha reso disponibile per tutti, gratuitamente, la funzione per generare le immagini con Google Gemini.
Chiunque nel mondo abbia un account Google può già utilizzare questa feature, anche dall’Italia.
Basterà andare all’indirizzo https://gemini.google.com/app e chiedere in italiano al chatbot – che utilizza il modello “Imagen 3” – di generare un’immagine. Questa apparirà in pochi secondi e con una risoluzione decisamente migliore di quelle generate da altri modelli come Dall-E, ChatGPT o Microsoft Copilot. Non c’è limite di utilizzo, anche se per il momento non è possibile creare immagini di persone, se non viste da lontano o di spalle. Questa restrizione è dovuta al fatto che mesi fa Gemini restituiva risultati “con allucinazioni”, paradossali, a causa degli ideali di inclusione di donne e minoranze etniche (per esempio, Gemini disegnava il papa come donna nativoamericana senza che fosse stato chiesto nel prompt).
La restrizione dunque nasce per evitare questi inconvenienti finché il modello non sarà migliorato.


RICONOSCIMENTO DI IMMAGINI GENERATE DALL’IA – GOOGLE PHOTO

Parallelamente alla possibilità di generare immagini, a breve sarà possibile riconoscere le immagini generate o manipolate dall’intelligenza artificiale grazie a Google Photo.

Si tratta di una grande sfida, visto quanto sono realistiche le immagini che oggi le IA riescono a creare.
Sembra che si potrà identificare quale specifico modello IA è stato utilizzato per generare l’immagine o capire se una foto è stata solo corretta o migliorata dall’IA.
Resta da vedere quanto questa funzione sarà efficace, considerando la rapida evoluzione delle tecnologie di generazione di immagini.



IL MOTORE DI RICERCA DI CHAT GPT

Ma non è solo Google ad avere delle novità: Chat GPT, anzi, si prepara a sfidare Google, con il suo motore di ricerca.
Probabilmente sarà all’indirizzo search.chatgpt.com che si potranno fare ricerche online, potenziate e aiutate dall’IA.
Ad ogni modo si prevede che le IA non affosseranno Google: la stragrande maggioranza di quello che le persone cercano su Google è il nome del sito a cui vogliono accedere (es: Amazon, Gmail, Facebook, etc). Per questo tipo di ricerche “di navigazione” la velocità e l’efficienza di Google sono inarrivabili per qualsiasi IA.
Lo stesso vale per le ricerche “informative” (es: il meteo di domani, com’è finita la partita, che ore sono, quanti anni ha un attore).
E’ solo nelle ricerche “esplorative” che le IA sono forti (es: cosa vedere a Milano, come attaccare un bottone, quali sono i migliori romanzi gialli), ma sono una piccola percentuale di quel che la gente chiede davvero.




Amazon lancia il suo Video Generator, ma solo per creare pubblicità

Anche Amazon si lancia nel mondo dei tool AI! Il 19 settembre ’24, durante l’evento Accelerate, sono stati presentati Project Amelia (un chatbot di assistenza ai venditori di terze parti sulla piattaforma) e Video Generator.

I contenuti video sono sempre più importanti, specialmente nel marketing digitale: secondo recenti studi* l’89% dei consumatori desidera vedere più video da parte dei loro marchi preferiti.
Ma per le aziende, la creazione di video coinvolgenti, accattivanti e di qualità è costoso e richiede tempo.
Amazon risponde così a questa esigenza.


SPOT CREATI CON UN CLICK

Video generator è uno strumento di intelligenza artificiale generativa che permetterà ai brand e ai venditori di ogni dimensioni di creare in pochissimi minuti video pubblicitari e immagini animate di 6-9 secondi, partendo semplicemente da una immagine del loro prodotto. I video mettono in mostra le caratteristiche del prodotto e possono essere personalizzati con musiche e loghi. Il tutto senza costi aggiuntivi**.
Con questa innovazione si abbattono i costi ed i tempi per la creazione di contenuti multimediali, che ormai sono elementi chiave nel mondo del marketing, rendendoli accessibili a tutti.
Amazon, in questo modo, punta a migliorare l’esperienza sia dei consumatori che degli inserzionisti.

Per il momento il Generatore di video è disponibile in versione beta solo per alcuni venditori statunitensi selezionati. Per garantire un’esperienza di alta qualità, Amazon Ads continuerà a sviluppare e perfezionare queste funzionalità in base ai feedback ricevuti, prima di un rilascio più ampio.


* Studio di Wyzowl
**La funzionalità delle immagini animate è attualmente disponibile per le campagne Sponsored Brands, Sponsored Display e Fire TV.




HUMANE AI PIN: l’IA da taschino poco intelligente

LE INTRIGANTI PREMESSE

Al Mobile World Congress 2024 la start-up Humane ha presentato un nuovo curioso oggetto tech basato su Intelligenza Artificiale che promette di essere rivoluzionario: la Humane AI Pin, che vuole sostituirsi agli smartphone modificando le nostre abitudini d’uso dei device.
Il “Pin” è una piccola spilla senza schermo che si potrà indossare nel quotidiano agganciata magneticamente ai vestiti (o ad altre superfici). E’ dotata di una fotocamera che può scansionare l’ambiente circostante e di un proiettore laser che mostra sul palmo della mano le interfacce con cui interagire. Ha altoparlante e microfono, dunque si governa attraverso comandi vocali e gesti.
Avendo incorporata l’IA GPT-4 di OpenAI, questo assistente personale indossabile offre le funzionalità di riconoscimento vocale, la traduzione, la generazione di immagini, fare telefonate etc.


RECENSIONI DELUDENTI

Sono state inviate diverse unità di prova ad influencer e giornalisti del settore che però hanno dato unanimi pareri estremamente negativi: sembra che il dispositivo sia molto limitato e poco funzionale.
Il suo utilizzo quotidiano risulta frustrante: è troppo ingombrante, si surriscalda (e quindi si disattiva), il proiettore funziona male ed è illeggibile al sole. E’ un incubo interagire con voce e gesti: per attivare il WiFi bisogna navigare in mezzo alle impostazioni con gesti e dettature quasi impossibili. Sembra anche incapace di svolgere anche le funzioni di base e non fornisce risposte accurate (sbaglia anche nella semplice lettura del meteo). Altre sono proprio assenti, come la sveglia, il timer e il calendario.
Il dispositivo è anche troppo lento: ogni comando deve passare per i server di Humane, cosa che richiede anche 10 secondi. Dover attendere per ogni operazione è una grossa pecca in un mondo in cui siamo abituati ad avere risposte immediate. Inoltre metà delle volte non fornisce proprio risposta perché il sistema chiede di attendere all’infinito.
Altri problemi a livello di hardware li ha la batteria che dura solo 60-90 minuti, l’interfaccia è scomoda e la plastica economica… il tutto per la pazzesca cifra di 700$ (a cui aggiungere 24$ di abbonamento mensile)!


RABBIT R1

Humane AI Pin ha un agguerrito concorrente: Rabbit R1, altro curioso gadget basato sull’IA.
E’ un piccolo dispositivo rosso/arancio tascabile (ma non indossabile) quadrato con display touchscreen e sensori che, altrettanto, si propone come assistente personale. Ha una rotella per lo scorrimento analogico, fotocamera da 8 MP, supporta la connessione WiFi, il GPS e la batteria promette di durare tutto il giorno.
Non ha app al suo interno (non permette di vedere film o giocare) ma può svolgere compiti considerati noiosi (chiamare un taxi, prenotare un ristorante, acquistare biglietti aerei o aggiungere brani alle playlist, etc).
Il costo è inferiore: 200 $, senza abbonamenti. Anche per questo ne sono già state vendute in preordine 100.000 unità.
Purtroppo l’Italiano non è tra le lingue impostabili, cosa che rende Rabbit R1 inutilizzabile per chi non conosce l’inglese.
Anche qui fioccano le critiche: sembra essere una normale app che potrebbe funzionare su smartphone, venduta però con un hardware, come fosse un dispositivo a sé stante.


DEVICE ANCORA ACERBI

Sebbene l’idea alla loro base sia originale e interessante, è diffusa la sensazione che entrambi i device non prenderanno piede, rimanendo intriganti oggetti “di passaggio”, peraltro partiti davvero male.
Sono stati lanciati troppo frettolosamente, forse per paura di quel che potrebbero produrre Apple e Google.
L’unica speranza che hanno è di venire migliorati con successivi aggiornamenti, ma difficilmente riusciranno a soppiantare gli smartphone: tutte le loro funzioni, ad oggi, possono essere fatte meglio e più efficacemente tramite cellulare.


APPLE ANNUNCIA FERRET: l’IA che supererà GPT-4

Apple ha annunciato il suo nuovo modello linguistico multimodale (LLM) soprannominato FERRET.
Sviluppato in collaborazione con la Columbia University, questo progetto al momento è ancora nelle fasi iniziali, ma già sembra che sia in grado di superare Ghat GPT per precisione, velocità e con un tasso di errore inferiore.

Ferret può capire e produrre testo, immagini, suoni e video, come altri modelli simili (es: Gemini, ChatGPT o Google Bard).
Potrà tradurre testi anche tra lingue molto diverse tra loro.
Descriverà immagini con precisione, in modo più dettagliato e accurato, potendo identificare anche piccole parti di una immagine e con meno errori. Non solo: l’innovazione principale sta nella sua capacità di riuscire a rilevare concetti, relazioni tra oggetti, azioni e altri dettagli per conversare con l’utente in un modo davvero ricco di sfumature.

Ferret, per funzionare, utilizza due decoder che lavorano congiuntamente: uno si concentra sugli aspetti visivi mentre l’altro gestisce gli input testuali. I due flussi vengono poi fusi insieme in modo equilibrato.

Sorprendentemente Apple concede Ferret in licenza open-source non commerciale. E’ una scelta atipica per la mela morsicata ma che porta alcuni vantaggi: in questo modo i ricercatori di tutto il mondo possono collaborare e far progredire collettivamente l’IA e facendo potenzialmente emergere nuove applicazioni di Ferret oltre quanto sia stato previsto.

E’ probabile che nel 2024 Apple punti molto sull’intelligenza artificiale: un obiettivo principale sarà quasi certamente quello di rendere questo modello linguistico compatibile con gli smartphone. Fino ad ora le IA non riescono a funzionare sui telefonini perchè sono troppo complesse per essere gestite da questi device, ma sicuramente Apple studierà un modo per integrare Ferret negli iPhones.

Aspettiamo dunque con ansia il rilascio a livello globale di questa nuova intelligenza artificiale: la sfida a Open AI e al suo Chat GPT-4 è stata ufficialmente lanciata.



A.I. ACT: Approvato dal Parlamento Europeo


Dopo un percorso durato 2 anni, il 14 Giugno 2023 il Parlamento Europeo ha dato il via libera all’AI Act, il Regolamento Europeo sull’Intelligenza Artificiale, approvandolo a stragrande maggioranza*.
Quello che sarà il primo testo normativo al mondo su questo tema dovrebbe venire approvato definitivamente dall’UE entro fine anno per entrare poi in vigore nel 2024, diventando direttamente applicabile negli Stati Membri.



NORME COMUNI PER PROTEGGERE I CITTADINI EUROPEI

Da inizio 2023, l’IA** è entrata sempre più nella vita quotidiana delle persone in tutto il mondo (siti internet del tutto automatizzati, advertising robotizzati, chatbot capaci di dialogare al pari di un essere umano o di generare immagini plausibili…). Professionisti e lavoratori temono già di venire sostituiti da IA evolute che potrebbero svolgere il loro stesso lavoro più velocemente e a costo zero. Al contempo le IA potrebbero un giorno decidere se erogare di un mutuo o quale dipendente assumere. Tutto ciò tocca la sfera dei diritti delle persone.

E’ in questo scenario che interviene Bruxelles, regolamentando l’impiego dell’IA nell’Unione Europea, in modo che questa rispetti i diritti dei cittadini: dovrà essere sempre sicura, trasparente, tracciabile e non discriminatoria.
Si mira dunque a fissare gli standard europei per la creazione e l’utilizzo di questa nuova tecnologia entrata ormai in ogni settore, stabilendo obblighi per i fornitori e per coloro che impiegano sistemi di IA, a seconda del livello di rischio che questa può generare.



OBBLIGHI E DIVIETI

Il regolamento segue un approccio basato sulla tipologia di RISCHIO che le IA possono creare per la salute e la sicurezza o per i diritti fondamentali delle persone fisiche:
– rischio basso/minimo
– rischio alto: IA consentite se rispettano requisiti di trasparenza e siano valutate conformi (es: i sistemi che interagiscono con gli esseri umani o generano contenuti).
– rischio inaccettabile: IA vietate

Sono dunque vietati i Sistemi di IA per:
– Riconoscimento facciale e biometrico in tempo reale in aree pubbliche
– Identificazione biometrica a distanza a posteriori (unica eccezione per le forze dell’ordine nel perseguire reati gravi e solo previa autorizzazione giudiziaria)
– Social scoring (classificazione delle persone tramite caratteristiche sensibili: sesso, razza, etnia, cittadinanza, religione, orientamento politico)
– Polizia predittiva
– Riconoscimento delle emozioni nelle forze dell’ordine, nei luoghi di lavoro e scuole
– Database di immagini facciali prese da Internet o da filmati di telecamere



GLI OBBLIGHI PER AZIENDE PRODUTTRICI E UTILIZZATRICI DI IA

L’interesse verso le IA generative da parte delle aziende è alto, in ragione del grande valore che queste possono apportare all’economia. Ciò significa però esporsi a responsabilità per eventuali danni o sanzioni privacy.
Ecco cosa fare per adottare al meglio l’IA nel rispetto delle norme.
Le aziende che utilizzano o producono IA devono accertarsi che esse siano conformi alle regole Europee.
E’ consigliabile catalogare le app IA in uso/in realizzazione per capire il loro livello di rischio, secondo il modello dell’AI Act.
Per app ad Alto Rischio, occorrerà svolgere una Valutazione di Conformità (è ammessa anche l’autovalutazione) per ottenere il bollino CE.
Si dovrà monitorare anche il post vendita, per individuare eventuali criticità inizialmente non previste.
In caso di app a Basso Rischio – che non impattano direttamente sulla vita delle persone – sono previsti obblighi di trasparenza (es: avvisare i clienti che sono in uso soluzioni di intelligenza artificiale, creare informative privacy sempre più trasparenti).

In ogni caso ci saranno 2 anni di “grace period” dopo l’entrata in vigore del Regolamento che serviranno alle aziende per costruire i propri processi di compliance.



CONCLUSIONI

Ci sono basi economiche sotto l’adozione dell’AI Act: questa legge fa parte della strategia dell’Unione per il mercato unico digitale; con l’adozione di questo Regolamento, il Parlamento Europeo non intende soffocare lo sviluppo delle intelligenze artificiali, anzi, vuole favorirlo. Il suo obiettivo rimane quello di garantire il miglior funzionamento del mercato interno attraverso regole condivise.
Solo con la pratica capiremo se il testo reggerà alla velocità dello sviluppo dei sistemi di IA e se, una volta divenuto applicabile, rimarrà uno strumento utile e non obsoleto.





* 499 voti a favore, 28 contrari e 93 astenuti

** Definizione di Sistema di IA: software che può generare, per una determinata serie di obiettivi, output come contenuti, previsioni o raccomandazioni che influenzano gli ambienti con cui interagiscono.