EUROPEAN CHIPS ACT, un tentativo di autonomia tecnologica in Europa

L’IMPORTANZA DEI CHIP

I chip svolgono un ruolo centrale nelle economie moderne e nella nostra vita quotidiana, dato che sono il blocco costitutivo di tutti i prodotti elettronici.
Sono componenti strategiche per tutti i settori, come l’industria manifatturiera, automobilistica, le comunicazioni, l’elaborazione dei dati, la difesa, i dispositivi intelligenti, i giochi etc.
I POS, le lavatrici, le automobili, i cellulari… tutti gli oggetti smart sono dotati di un chip (un microprocessore), composto da una piastrina di silicio (materiale semiconduttore) su cui sono inserite componenti elettroniche.

Nel 2021 sono stati fabbricati più di 1000 miliardi di chip nel mondo, e la domanda è in continua crescita, per 2 motivi:
– l’aumento della richiesta di prodotti elettronici da parte dei consumatori
– l’aumento della diffusione dell’IA e del big data management

Oggi la produzione è in mano all’Asia (il 60% dei chip di tutto il mondo è fabbricato a Taiwan, poi assemblati, collaudati e imballati in Cina), mentre design e ricerca si concentrano negli Stati Uniti. Ad ogni modo, Joe Biden sta cercando di portare la produzione di microchip sul territorio americano, investendo su chip made in USA.
Questo è un esempio della globalizzazione e dell’interdipendenza tra Stati: nessuno Stato ha il controllo completo della filiera produttiva dei chip, che quindi risente delle relazioni politiche tra Stati diversi. In questo contesto, l’Europa prova a rispondere alla carenza di semiconduttori, incentivandone la produzione autonoma, per realizzare la digitalizzazione, la transizione ecologica e l’economia circolare (pensiamo ai 3.500 circuiti delle auto elettriche).



LA CRISI DEI CHIP

La recente carenza globale di chip ha causato scarsità di prodotti e persino costretto fabbriche a chiudere (es: l’industria automobilistica ha ridotto la produzione fino a un terzo in alcuni Paesi UE).
Vediamone le cause:

– La pandemia Covid ha causato un aumento della richiesta di smartphone e dispositivi per lo smartworking e la didattica a distanza. Per rendere più sociale l’isolamento è aumentata in modo esponenziale la domanda di chip.
E’ così che a fine 2020 ne è iniziata la crisi: aumento dei prezzi , ritardi nella produzione, difficoltà di approvvigionamento delle componenti.

I cambiamenti climatici: la siccità e gli incendi che colpirono Taiwan nel 2021 hanno portato alla riduzione della produzione di microchip.

La guerra in Ucraina: l’Ucraina è il principale esportatore di neon, mentre la Russia è il principale esportatore di palladio, materiali necessari per la lavorazione dei chip. Con lo scoppio della guerra le estrazioni russe e ucraine si sono quasi arrestate.

Sebbene si preveda che la domanda di chip raddoppierà entro il 2030, la quota europea di produzione dei chip sul mercato globale è passata dal 40% degli anni ’90, al 10% nel 2020. Ciò denota un crescente disimpegno europeo nel settore, inversamente proporzionale all’importanza che ha assunto questo mercato.

E’ proprio in questo scenario, che vede la domanda di chip in crescita e l’attuale crisi di approvvigionamento, L’UE ha deciso di intervenire con il Digital Chips Act.



LO EUROPEAN CHIPS ACT

E’ la legge europea sui semiconduttori, nata* per rendere autonoma l’UE in un settore strategico come quello della produzione di chip. Prevede lo stanziamento di 43 miliardi di euro per creare una filiera europea di produzione dei chip, affinchè gli Stati membri non debbano ricorrere a forniture extraUE.
Le cifre stanziate saranno impiegate per rafforzare la sovranità tecnologica, realizzando nuove fabbriche e potenziando quelle già operanti nel settore.

5 obiettivi del Chips Act:

1) rafforzare la ricerca e la leadership tecnologica dell’UE;
2) sviluppare la capacità europea di progettare e produrre chip avanzati e innovativi
3) raddoppiare la produzione europea di chip entro il 2030 (portandola al 20% del mercato globale)
4) promuovere l’istruzione, le competenze e i talenti nella microelettronica
5) comprendere i meccanismi delle catene globali di approvvigionamento dei semiconduttori

3 componenti principali del Chips Act:

A) Sostenere l’innovazione e la ricerca di chip all’avanguardia, affidabili ed efficienti dal punto di vista energetico (con l’iniziativa Chips for Europe, che finanzia – con 11 miliardi di euro – progettazione, realizzazione e sperimentazione di prototipi.

B) Garantire gli approvvigionamenti creando in Europa una rete industriale di nuove fonderie per microchip con capacità produttive su larga scala.

C) Coordinamento tra gli Stati membri e la Commissione Europea per anticipare le crisi, monitorando gli sviluppi del mercato.
Osservando la domanda dei semiconduttori si impediranno o anticiperanno eventuali carenze di approvvigionamento.
Gli stati membri mapperanno le proprie imprese operanti in questo ambito e informeranno regolarmente l’UE sullo stato del settore. In caso di crisi, la Commissione attuerà misure di emergenza. 


In quanto italiani, speriamo vivamente che le misure adottate dall’UE saranno davvero efficaci: sarebbe un orgoglio per noi del Vecchio Continente.


*(inizialmente approvata l’8/02/2022 dalla Commissione Europea, poi vagliata dal Parlamento Europeo. Il 18/04/2023 è stato raggiunto un accordo politico tra il Parlamento europeo e il Consiglio sull’Atto e ora sarà oggetto di approvazione formale da parte dei due colegislatori e andrà in approvazione formale)


GOOGLE GLASS, addio


Il 15 marzo 2023 Google ha interrotto la produzione e la vendita dei famosi Google Glass: si conclude così la storia commerciale di questo prodotto non proprio di successo.

COS’ERANO

I Google Glass erano occhiali in realtà aumentata o Smart Glasses (occhiali intelligenti).

A renderli speciali e differenti rispetto ogni altro paio di occhiali era principalmente la presenza di un display: un vetrino posizionato su un lato che consentiva di visualizzare applicazioni, video e contenuti multimediali.
Possedeva inoltre una fotocamera da 5MPixel per registrare video, connettività Wi-Fi e Bluetooth, un touchpad, 16GB di memoria interna e la possibilità di eseguire comandi vocali tramite la parola chiave “OK Glass” (similmente a “OK Google“).
Questo dispositivo era dunque sfruttabile come centro di riproduzione multimediale e polifunzionale, al posto del proprio smartphone e come comodo strumento di ripresa.
Così dal 2013 vennero prodotti i primi Google Glass “Explorer Edition” rivolti ai normali consumatori, in 5 colori, con una struttura resistente, flessibile ed impermeabile.


IL FLOP

Vari sono i motivi per cui questo particolare prodotto, nato più di 10 anni fa, non sia riuscito ad imporsi nella quotidianità delle persone.
– Innanzitutto, nonostante i Google Glass fossero compatibili con Android ed iOS, le app al loro interno venivano gestite da Glass OS (sistema operativo proprietario della piattaforma) che impediva all’utente di disporre del vasto catalogo di applicazioni di Android.
– Altra importante limitazione era il prezzo esorbitante al quale erano venduti (1.500$, tasse escluse) e la limitata reperibilità.
– Ulteriore difetto fu poi la diffidenza che suscitavano tra i consumatori: pensiamo alla possibilità di venire filmati o fotografati da qualcuno che indossasse gli occhiali intelligenti mentre si cammina tranquillamente in città, ledendo la propria privacy.

Questi aspetti li resero uno status symbol odioso al grande pubblico, nonostante fosse l’unico prodotto di questo tipo in commercio.

Per ovviare a questo fallimento, tra il 2017 e il 2019 Google decise di chiudere il progetto rivolto ai consumatori domestici e ri-brandizzarlo, dando un’impronta più professionale ai suoi occhiali, lanciando la “Enterprise Edition”, orientata al settore aziendale e del business, con alcune novità come Wi-Fi potenziato e fotocamera da 8MPixel.
Tuttavia, anche tra il pubblico dei professionisti i Google Glass non riscossero mai l’interesse che ci si aspettava (specialmente in ambito medico e scientifico, settori ai quali Google puntava maggiormente), complice anche la scarsa domanda generale per oggetti di questo tipo.

E’ così che un progetto iniziato nel 2013 termina 10 anni più tardi, dopo questa serie di fallimenti, raggiungendo nel Cimitero di Google prodotti come: Google+ (social chiuso nel 2019); Google Chromcast audio (una sorta di Alexa, chiuso nel 2019); Picasa (software di foto ritocco chiuso nel 2016) e Stadia (piattaforma online di gaming, chiusa a gennaio 2023), per citarne alcuni.


NUOVI PROGETTI

E’ pur vero che, sebbene per il colosso americano questa tecnologia si sia rivelata un fallimento, la concorrenza non sta a guardare: nel 2023 potremmo avere, sul fronte della realtà aumentata, novità da parte di Apple, mentre Meta dovrebbe produrre entro il 2025 occhiali simili che mostrino i contenuti in arrivo dalle piattaforme social del gruppo e dal metaverso.
Snapchat ha poi già prodotto i suoi Spectacles: occhiali intelligenti economici (costano solo 129$), più colorati e divertenti, che sebbene siano meno avanzati (non possedendo sviluppo di app), risolvono il problema della privacy mostrando all’utente quando viene ripreso, grazie all’accensione di spie luminose.


In ogni caso sembra che per Google la tecnologia della realtà aumentata indossabile non sia stata definitivamente abbandonata: nel 2022, il colosso ha dichiarato di continuare a lavorare su tecnologie di ‘augmented reality’ (per es, ha parlato di un paio di occhiali che possano tradurre, in tempo reale, un discorso da una lingua all’altra).

Rimaniamo allora in attesa di scoprire quali novità usciranno in commercio nei prossimi anni in questo ambito!


Il caso ChatGPT


COS’E’ ChatGPT

In CRP Software stiamo seguendo con interesse il caso ChatGPT.

ChatGPT è il più noto software di intelligenza artificiale avanzata, creato dalla società statunitense OpenAI, in grado di simulare conversazioni umane, capace di “pensare” e rispondere esattamente come una persona.

Sebbene sia uno strumento estremamente complesso, si presenta come una normale chat, con una interfaccia minimale che rende l’utilizzo molto semplice, anche per chi non ha particolari competenze informatiche.
Funziona come una vera e propria chat: l’utente pone domande e il chatbot risponde, via via in modo sempre più esaustivo.
Utilizzare ChatGPT può essere un’interessante esperienza: conversare con questa intelligenza artificiale può migliorare la propria conoscenza su svariati argomenti o addirittura può aiutare a lavorare più velocemente (x es: creare contenuti come articoli, post, descrizioni di prodotti, recensioni, fare riassunti, etc).


LE CRITICITA’

Il Garante della Privacy Italiano ha però rilevato il mancato rispetto del regolamento europeo sulla Privacy e sul trattamento e protezione dei dati (GDPR), a causa della mancanza di un’informativa sulla raccolta dei dati personali e l’assenza di una base giuridica per raccoglierli e conservarli.
In sostanza OpenAI potrebbe utilizzare a suo piacimento i dati degli utenti, soprattutto per “addestrare e allenare” ulteriormente il ChatBot, rendendolo più “intelligente” e rapido nel dare risposte e le richieste fatte all’algoritmo potrebbero poi rimanere salvate sui server di OpenAI.
Senza contare che, al momento, il software non effettua controlli sull’età degli utenti (l’accesso avviene tramite autenticazione Microsoft o Google): permettendo quindi anche ai minori di 13 anni di accedere.
Inoltre le informazioni fornite da ChatGPT a volte sono errate: utilizzando fonti non verificate, può dare risposte sbagliate su persone, luoghi, aziende, eventi storici…


QUALCHE ESEMPIO

Qualche esempio concreto per comprendere meglio i pericoli legati alla Privacy:
– I dipendenti di OpenAI possono leggere ciò che si immette in ChatGPT (“Your conversations may be reviewed by our A.I. trainers to improve our systems”). Ecco che SAMSUNG ha subìto una fuga di dati su progetti industriali, perché alcuni suoi lavoratori hanno inserito codici di sicurezza di software aziendali per farli controllare dal ChatBot alla ricerca di eventuali errori. E’ stato anche caricato il video di una riunione, chiedendone all’Intelligenza Artificiale un riassunto scritto.
Questi dati di Samsung, che dovrebbero essere riservati, potrebbero invece rimanere registrati sui server di ChatGPT.

– Possiamo anche immaginare un medico che, per far analizzare un referto o riassumerlo, lo carichi in ChatGPT con nome e cognome del paziente.

– O ancora, pensiamo a un minore che, spinto dalla curiosità, si rivolga a questa chat per avere informazioni su argomenti delicati o pericolosi o fornire dati personali, pensando sia uno spazio privato, ricevendo risposte distorte o inidonee al suo grado di sviluppo e di auto-consapevolezza.


IL BLOCCO E LE CONDIZIONI PER IL RITORNO

Tutto ciò ha indotto OpenAI a disabilitare l’accesso per gli utenti italiani, finché non avrà regolarizzato la propria posizione legale.
Si tratta quindi di una autosospensione del servizio e non di un blocco imposto dal Garante, come spesso si legge.
Sembra inoltre che anche Canada, Germania, Francia e Irlanda stiano avviando istruttorie in tal senso.

Il 4 Aprile 2023 è iniziato il confronto tra OpenAI e il Garante della Privacy Italiano.
L’azienda americana ha confermato la sua volontà di collaborare con l’Autorità ed ha fatto pervenire alcune proposte per rendere il trattamento dei dati degli utenti conforme alla normativa Privacy.
OpenAI avrà fino al 30 Aprile per adempiere alle prescrizioni dettate dal Garante (dovrà essere pubblicata un’informativa privacy chiara, facile da leggere e consultabile prima di procedere alla registrazione) oppure il servizio rimarrà sospeso e potrebbero arrivare multe.
E’ stato sottolineato come non vi sia intenzione di frenare lo sviluppo dell’AI e dell’innovazione tecnologica, ma i dati personali dei cittadini vanno tutelati. Un’operazione di trasparenza sembra davvero indispensabile.

Siamo curiosi di scoprire come finirà la vicenda, rimaniamo sintonizzati!